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Il Polittico Griffoni: 550 anni di travagliata storia

Il polittico Griffoni è indubbiamente bellissimo, a ragione considerato uno dei capolavori del Rinascimento italiano, e l’allestimento della mostra bolognese (dal 18 maggio a palazzo Fava) non è da meno: straordinaria. Ma il fascino di quest’opera dipende in buona parte dalla sua travagliata storia. 550 anni di intrighi e omicidi, sparizioni e ritrovamenti.

Protagonisti: i Griffoni, ricca e litigiosa famiglia e Pompeo Aldrovandi, un “quasi papa” affarista e spregiudicato.

La storia

Com’era in uso nel ‘400, le cappelle della basilica di San Petronio che mano a mano venivano erette, erano “adottate” (tecnicamente giuspatronato) da qualche ricco e potente del tempo. Per i bolognesi di allora era un po’ come farsi oggi la villa sui colli o girare in Ferrari. Costava tantissimo (fino al 2.500 Lire, circa un milione di euro di oggi) e non era facile attenerlo. I Griffoni erano però messi bene: famiglia guelfa dell’oligarchia bolognese, culo e camicia con i Bentivoglio – i signori di Bologna – avevano parecchi soldi e proprietà. Giovanni Griffoni era a quei tempi il camerario (cassiere) della Fabbrica di San Petronio, e di certo agevolò il consanguineo Floriano Griffoni quando questi nel 1470 decise di avere il giuspatronato della 6a cappella a sinistra della Basilica. La intitolò a san Vincenzo Ferrer, un domenicano spagnolo fatto santo 15 anni prima per i tanti miracoli, e come era suo obbligo Floriano pagò a proprie spese gli arredi e tutto quanto occorreva per dar lustro alla chiesa e alla propria famiglia. Scelse il meglio, diede infatti l’incarco all’artista di scuola ferrarese più importante del tempo, Francesco del Cossa, al soldo degli Este di Ferrara, che scelse come aiutante il giovanissimo ma talentuoso Ercole de’ Roberti. La cornice del Polittico (poi distrutta) fu affidata ad Agostino de’ Marchi da Crema, uno tra i più abili artisti del legno, attivissimo a Bologna (suo il pulpito, il coro della cappella maggiore della Basilica).

Le spese furono enormi, ma Floriano Griffoni come detto stava bene di suo e in più si era maritato benissimo: la prima moglie Lucia Battaglia, sposata nel 1457, veniva da una famiglia che aveva fatto fortuna nelle Fiandre e i soldi non gli mancavano di certo.

Il Polittico Griffoni venne dunque realizzato tra il 1470 e il 1473, composto probabilmente in origine da 17 parti (o 21). Tanto per chiarire, un polittico – detto pure ancòna o pala d’altare – è un insieme di opere collocato sopra l’altare di una chiesa.

San Floriano (Floriano Griffoni). Polittico Griffoni, Francesco del Cossa.

L’opera, che destò ammirazione tra gli artisti dell’epoca ed invidia da parte dei nobili, restò al sicuro nella cappella Vincenzo Ferrer fino al 1725, anche se i Griffoni – sul finire del Quattrocento – iniziarono il loro declino, complici le lotte di potere che li videro inizialmente protagonisti coi Bentivoglio, i Canetoli e i Zambeccari. Tanti gli omicidi e i tradimenti, con interventi più o meno espliciti dei papi di turno, particolarmente sensibili ai giochi di potere della seconda città dello Stato della Chiesa qual era Bologna. I Griffoni ad inizio ‘700 caddero quasi in rovina col passaggio al ramo pistoiese del conte Riniero.

Nel 1725 entrò così in scena il cardinale Pompeo Aldrovandi: figura controversa ch’ebbe la responsabilità dell’oblio del Polittico. Il cardinale “quasi papa” riuscì con un colpo di mano ad impadronirsi dei beni dei Griffoni, cappella compresa, e mise in atto il suo megalomane piano. Ottenuto il giuspatronato della cappella, la svuotò degli arredi, suddividendo il polittico in singoli “quadri di stanza” che fino al 1731 conservò nella propria villa a Mirabello di Ferrara, per poi disperdersi. Della preziosa cornice di Agostino de’ Marchi pare che ne fece legna da ardere. Poi, scambiò la cappella con quella dei Cospi, che avevano il giuspatronato di quella di San Petronio (la seconda a sinistra), ben più importante. Ottenuta la cappella si preparò ad ospitare i sepolcri a parer suo dei due artefici della rinascita di Bologna, san Petronio e… Pompeo Aldrovandi. Affidò la progettazione all’architetto Alfonso Torreggiani, che rese la cappella l’opera dell’età moderna artisticamente più rilevante della Basilica, capolavoro del barocco bolognese.

Assicuratosi la memoria eterna (si fece poi seppellire nella cappella) tentò poi l’impossibile, riuscendo quasi nell’intento di salire al soglio pontificio. A batterlo fu un altro cardinale bolognese, Prospero Lambertini (poi papa Benedetto XIV), che nell’infinito conclave del 1740, dopo 255 scrutini, beffò Pompeo sul filo di lana.

La mostra

La mostra “La Riscoperta di un Capolavoro – Il Polittico Griffoni rinasce a Bologna” ha lo straordinario merito di aver riunito dopo quasi 300 anni a Bologna le 16 parti ancora esistenti del Polittico, grazie ai prestiti dei musei proprietari: la National Gallery di Londra, la Pinacoteca di Brera, il Louvre, la National Gallery of Art di Washington, la Collezione Cagnola di Gazzada (Va), i Musei Vaticani, la Pinacoteca Nazionale di Ferrara, il Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam e la Collezione Vittorio Cini di Venezia.

Sul sito di GenusBononiae sono disponibili tutte le informazioni sia sull’opera sia sulla mostra (qui il comunicato stampa), ma un’idea la voglio dare.


Santa Lucia (Lucia Battaglia). Polittico Griffoni, Francesco del Cossa.

Nelle prime sale del piano nobile di Palazzo Fava (se alzate lo sguardo potete godere degli affreschi dei Carracci), viene spiegato l’immane lavoro di ricostruzione del Polittico, con tanto di riproduzione a grandezza naturale dell’opera (veramente imponente), preludio della sala nella quale le opere originali sono esposte. Le sei principali sono di Francesco del Cossa (San Vincenzo Ferrer, San Pietro, San Giovanni Battista, San Floriano, Santa Lucia e la Crocifissione). Le restanti sono di Ercole de’ Roberti, con la straordinaria predella “Miracoli di Vincenzo Ferrer”, a mio avviso il dipinto più bello insieme ai ritratti di san Floriano e santa Lucia, raffiguranti in realtà Floriano Griffoni e la moglie Lucia Battaglia, con tanto di abiti trecenteschi e i soli attributi dei santi.

Mostra da vedere assolutamente, se non altro perché irripetibile: quando mai il Polittico potrà di nuovo riunirsi a Bologna?

“La Riscoperta di un Capolavoro – Il Polittico Griffoni rinasce a Bologna”. Dal 18 maggio 2020.
Palazzo Fava, via Manzoni 2.
Orario d’ingresso da martedì a domenica 10/20, lunedì 14/20. Informazioni e prenotazione.