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L’ha fatto “Il Terribilia”!

Terribilia qui, Terribilia là, passeggiando per Bologna sembra che la mano del Terribilia sia ovunque, quasi fosse l’unico architetto del Cinquecento bolognese. Mise le mani in San Petronio, fece l’Archiginnasio, ampliò San Domenico, San Procolo, San Giovanni in Monte, San Giacomo, l’Ospedale della Morte (Museo civico), costruì o ristrutturò i palazzi Orsi, Bonasoni, Caprara-Montpensier, Lambertini, Fava, casa de’Poeti, per non parlare del palazzo del Legato (palazzo d’Accursio) e del pozzo nel suo cortile.

Per quasi un secolo il Terribilia ha “firmato” chiese, cappelle, palazzi, facciate, case, statue, pozzi, ponti… indubbiamente un mostro di longevità, oltre che architetto con grandi doti artistiche.

E’ possibile? o “L’é impusébbil, t’n’è vésst brisa ban!”, come diceva Andrea Mingardi.

Eppure. Vediamo intanto chi era “il Terribilia” e chi si celava sotto questo curioso pseudonimo. O chi erano…

Il Terribilia più noto è Antonio Morandi, grazie al quale la famiglia allargata di costruttori bolognesi Morandi/Marani guadagnò il soprannome de “il Terribilia”. 

Pare che l’epiteto “terribilia” venne ispirato dallo storico dell’arte del XVI secolo Giorgio Vasari, che nell’analizzare le bizzarre decorazioni delle cimase delle finestre (la cornice superiore) dei palazzi Orsi e Bonasoni, a Bologna, caratterizzate da strani motivi zoomorfi e grottesche, le definì «terribilità». 

La “Terribilia family” è piuttosto articolata e solo dal 2010, con la scoperta delle carte dell’Eredità Terribilia nell’Archivio storico comunale, è stato messo un po’ d’ordine.

Antonio Morandi (1500/8-1568) è il più noto tra i Terribilia, nonché l’inventore dell’originale stile decorativo “alla moderna”, anche se il primo “muratore” della famiglia fu il padre Bernardino, che a Bologna possedeva una fornace e forniva strumenti e attrezzi per l’edilizia e la falegnameria. La professione di “muratore”, che oggi appare riduttiva, era un’arte nobile, e indicava chi si occupava di costruzioni, e comprendeva oltre ai muratori, anche maestri, architetti e ingegneri. 

La sede della ditta Morandi era tra le attuali via Marsili e via Morandi (però Giorgio, il pittore, che non c’entra coi Terribilia). Via dei Terribilia si trova invece dietro il Comune, tra le vie della Zecca e Venezian.

Il fratello di Antonio, Giovanni Morandi, il terzo dei Terribilia, non si distinse “in solitaria” in opere particolari, e il suo nome compare soprattutto come fornitore di materiale edile, costruttore e collaboratore di Antonio nell’esecuzione di alcune opere.

Il quarto Terribilia, ma senza dubbio il secondo per importanza, è Francesco Marani (1528-1603), chiamato erroneamente anche Francesco Morandi, che era nipote di Antonio (e non il figlio come si credeva fino al 2010), cioè figlio della sorella, della quale non si conosce il nome, e di Palamede Marani.

Il quinto e credo ultimo “Terribilia” è il fratello di Francesco, Paolo Marani (o Paolo Morandi), collaboratore – appunto – del più celebre Francesco.

Ma cosa fecero “i Terribilia” a Bologna? Quali sono le opere passate alla storia?

La più celebre è senza dubbio l’Archiginnasio, la sede dello Studio universitario di Bologna, oggi Biblioteca comunale, costruito in soli due anni (1562/63) su progetto di Antonio Morandi, architetto che firmò anche il rifacimento e il campanile della chiesa benedettina di San Procolo (1535/1557).

Sempre Antonio, ma con l’aiuto del fratello Giovanni e del nipote Francesco, costruì un’ala del convento di San Domenico e poi cappella Pepoli – o del Preziosissimo – (1551). Negli stessi anni Antonio – sempre con l’aiuto di Giovanni e Francesco – progettò il convento di San Giovanni in Monte con i due splendidi chiostri, in passato carcere giudiziario e oggi sede del Dipartimento di Storia dell’Università.

Sempre ad Antonio sono attribuiti palazzo Orsi, in via San Vitale, palazzo Bonasoni in strada Maggiore e la ricostruzione di casa de’ Poeti, in via Castiglione.

Antonio ricostruì anche la cupola della chiesa di San Giacomo (1562) e mise mano all’ospedale della Morte (Museo civico), mentre costruiva l’Archiginnasio (che per onor di cronaca alcuni dicono pensato da Gabrio Serbelloni, architetto militare nipote del papa).

Francesco Marani “quasi Morandi” affiancò spesso gli zii Antonio e Giovanni, ma fece anche da sé. Sue sono la sede dell’Inquisizione presso San Domenico, il campanile e la chiesa di San Mattia (ora sconsacrata), il palazzo Caprara-Montpensier (sede della prefettura). Ristrutturò poi la facciata di palazzo Lambertini, progettò palazzo Fava e la ristrutturazione di palazzo Legnani-Pizzardi. L’incarico più prestigioso fu però la nomina a ingegnere ufficiale della Fabbrica di San Petronio, in sostituzione dello zio Antonio, carica che lo portò al progetto, con Andrea Palladio, di una ipotetica facciata della basilica, poi mai realizzata. Di Francesco è anche la cisterna (o pozzo) del palazzo del Legato, oggi spostata alla Pinacoteca ma in origine (ne esiste ancora una copia), nel cortile del palazzo d’Accursio.

Paolo Morandi è ricordato per alcune collaborazioni, ma soprattutto per aver dato continuità alla “Terribilia family”. L’unico con figli, fece sopravvivere il nome della casata fino all’inizio del Settecento, quando morì l’ultima discendente: Maria Faustina Marani Terribilia, che col tempo aveva fatto suo nel cognome l’originale soprannome.