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Come si costruivano le torri

La costruzione di una torre durava dai tre ai dieci anni, a seconda dell’altezza, della manodopera e delle risorse economiche a disposizione. In media, per una torre di 60 m, occorrevano
500.000 giornate di operaio, 650.000 mattoni, 900 t di calce e 2000 t di legno.
In primavera inoltrata s’iniziava con lo scavo per fare spazio alle fondamenta, largo circa 15 m per lato e profondo 6, o almeno tanto quanto occorreva per raggiungere uno strato di argilla
impermeabile e compatta.
Le pareti erano orientate secondo gli antichi cardines e decumani romani, e dunque con fronti rivolti a mane (est), sero (ovest), de supra (sud) e de subtus (nord): i quattro punti cardinali.
Lo scavo era poi consolidato con lunghi pali di ontano e rovere – detti “agucchie”, da cui il nome della famiglia Agucchi – fissati con enormi magli. La fossa, dopo essersi assicurati che non
ci fossero infiltrazioni d’acqua, si riempiva con calce, ciottoli e sabbia. Tutto materiale che andava trasportato con le bestie da soma e preparato per tempo. La calce era ottenuta cuocendo le
pietre raccolte nei calanchi, mentre ciottoli e sabbia dai fiumi vicini alla città.
Con le fondamenta pronte, si passava alla costruzione della base della torre, realizzata con blocchi di selenite, minerale gessoso che ha particolari caratteristiche: facile da tagliare e lavorare,
elastico, resistente alla compressione e isolante dall’umidità.
Completato lo zoccolo, e trascorso almeno un anno dall’inizio del cantiere, si passava alla costruzione della torre vera e propria.
Doppie pareti di mattoni fissati con la calce, spesse all’esterno e più sottili all’interno, riempite nel mezzo di ciottoli e malta di calce. I cosiddetti “muri a sacco”, spessi fino a 3 m alla base e poi
via via più sottili a salire, con fori passanti ogni 1,60 m circa, da utilizzare per infilare i pali di sostegno dei ponteggi esterni (detti fori di ponte) e i futuri ballatoi, incastellature e corridori.
Con una leggera e continua inclinazione delle pareti, la torre crescendo prendeva una forma affusolata fino a raggiungere l’altezza stabilita. La porta d’ingresso, piccola e delimitata sempre
dall’elastica selenite, veniva posta tra i 6 e 10 m d’altezza, e si raggiungeva con scale mobili esterne.
All’interno, in corrispondenza all’ingresso, veniva realizzato un pavimento, in origine di legno e “asportabile” in caso di attacco nemico e poi in pietra gessosa, dal quale partivano le scale
di legno, quasi mai fisse, per salire.
Gli statuti bolognesi, a partire dal 1252, stabilirono infatti il divieto di abitare e tenere scale fisse nelle torri al di sopra dei 15 ponti (21 m). Decisione che voleva rendere innocue le torri, dato
che impediva che dall’alto di queste venissero gettati pietre, lance e saette (frecce e dardi).
Le finestre, in origine, erano totalmente assenti, così come i balconi e le opere esterne in muratura.
Il peso di una torre di 60 m, come la Prendiparte e l’Azzoguidi, è di circa 7800 t. L’Asinelli, nonostante i 97 m d’altezza, avendo la parte più alta affusolata, pesa poco di più: 8400 t; all’incirca un milione di mattoni.