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Le “5 torri di Bologna”

Bologna, la città delle 5 torri: Asinelli, Garisenda, Conforti, Artenisi, Riccadonna. Poteva essere questo il simbolo della “turrita” città petroniana, se non fosse che tra il 1917 e il 1918, dopo un’accesa disputa tra “conservatori” e “demolitori”, le torri Conforti, Artenisi e Riccadonna, appena “ripulite” dagli edifici circostanti, furono abbattute e distrutte per sempre.

Le tre sorgevano accanto all’Asinelli e alla Garisenda (tra le attuali Piazza Mercanzia e Galleria del Leone), e il loro triste destino è legato ai lavori dall’allargamento dell’attuale via Rizzoli (già Mercato di Mezzo).

Ing. Ceri, abbattimento Torri di BolognaNel 1916 il Consiglio superiore per le Antichità e Belle arti, in applicazione del Piano regolatore del 1889, che prevedeva l’allargamento della strada Mercato di Mezzo, ordinò prima di isolare le tre torri emerse durante i lavori di demolizione di vecchi edifici, e poi – dopo accurati rilievi fotografici – di abbatterle.

L’abbattimento avvenne nonostante le proteste provenienti da tutta l’Italia e alle quali si unì anche quella di Gabriele d’Annunzio. Il Vate affermò “ed ecco Bologna minacciata di sacrilegio. Uomini mercantili, ben più aspri di quelli che frequentavano la bellissima loggia vicina, vogliono diroccare la testimonianza dell’antica libertà armata per ridurre al valore venale il suolo e per gettarvi le fondamenta di chi sa quale enorme ingiuria”. La prima a soccombere fu la Conforti (chiamata dai più Guidozagni) nel 1917, e nel ‘18 a crollare sotto i colpi di piccone, furono le Artenisi e Riccadonna.

Per la conservazione si schierano il Comitato per Bologna storico-artistica, la Commissione per la conservazione dei monumenti dell’Emilia e la Società Francesco Francia. Il professore Del Vecchio lanciò una petizione popolare purtroppo inutile. Un piano alternativo, proposto da Rubbiani e Pontoni nel 1909, con l’intento di salvare le torri e gli edifici di via Orefici e del Mercato di Mezzo, viene respinto dall’Amministrazione comunale. Convinto sostenitore dell’abbattimento, il “picconatore” ingegner Giuseppe Ceri: architetto di origine toscana “che pretendeva di sapere tutto e occuparsi di tutto”, strambo, bizzoso, attaccabrighe, tenacissimo negli odi, incrollabile nelle convinzioni, che tanto fece fintanto le tre torri vennero abbattute.

Con le torri Conforti, Artenisi, Riccadonna, sempre tra le aree del Mercato di Mezzo e l’attuale Piazza Re Enzo, ad inizio ‘900 vennero abbattute anche la torri Atticonti, Tencarari e Tantidenari dei Telefoni.